LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DA REATO DEGLI ENTI E I MODELLI ORGANIZZATIVI “231/01”

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Cosa si intende per responsabilità amministrativa degli enti?

Per responsabilità amministrativa degli enti si intende una responsabilità aggiuntiva rispetto a quella delle persone fisiche che hanno commesso un reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso. In sostanza oltre all’autore del reato viene sanzionato l’ente nel cui contesto la stessa persona ha lavorato e operato. Nello specifico le persone che possono commettere i reati che determinano questo tipo di responsabilità sono:

a) le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

La responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile.

L’ente è sempre responsabile per qualsiasi tipo di reato posto in essere nel suo interesse o a suo vantaggio?

La responsabilità amministrativa dell’ente scatta solo in relazione a specifiche tipologie di reati definiti “presupposto”. Nel tempo il legislatore ha progressivamente incrementato il numero di questo tipo di reati. Oggi sono previste ben 191 differenti fattispecie penali rientranti in 24 differenti categorie di reato. Tra i reati più significativi compresi nel Decreto sono:

Quali sanzioni sono previste in questi casi?

Le sanzioni che si applicano all’ente così come previste dal D.Lgs. 231 del 2001 sono:

a) le sanzioni pecuniarie;

b) le sanzioni interdittive;

c) la confisca del prezzo o del profitto del reato (anche nella forma per equivalente);

d) la pubblicazione della sentenza.

 

Le sanzioni interdittive, di durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni, sono:

a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;

b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;

c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;

e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
In relazione alla specifica tipologia di reato contestata è prevista una sanzione pecuniaria determinata per numero di quote non inferiore a cento né superiore a mille.
L’importo di una quota va da un minimo di euro 258 (lire cinquecentomila) ad un massimo di euro 1.549 (lire tre milioni).

L’ente sottrarsi a tale tipo di responsabilità?

Se il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale l’ente non risponde se prova che:

Se il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale l’ente non risponde se prova che:

L’ente non risponde altresì se le persone sopra indicate hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. In questi casi si fa riferimento ad una cd “colpa di organizzazione” intesa come mancata adozione o mancato rispetto di quegli standard di diligenza necessari per evitare il compimento dell’attività criminosa, se non tramite l’aggiramento fraudolento dei modelli di organizzazione e gestione. In sostanza l’ente omettendo il controllo sull’operato dei dirigenti o dei dipendenti evidenzia uno scollamento tra il modello adottato e il modello ideale che avrebbe consentito di prevenire la commissione del reato.
La colpevolezza dell’ente non risiede, quindi, nella semplice commissione di un reato da parte delle persone che lo compongono, ma nel deficit organizzativo che ha reso possibile il reato.

Che significa adottare ed efficacemente attuare, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione?

La responsabilità dell’ente, in caso di commissione di un reato presupposto, consiste nel non aver adeguatamente provveduto ad evitare che tale evento si realizzasse attraverso la propria organizzazione e struttura. Lo strumento attraverso il quale le società può provvedere ad eliminare tali carenze è rappresentato dal Modello Organizzativo, consistente in una serie di regole, protocolli, procedure, provvedimenti e principi da adottare nell’esercizio dell’attività al fine di impedire o a contrastare la commissione dei reati sanzionati dalla “231”. Se tale modello si dimostra astrattamente idoneo a prevenire reati, nessun rimprovero potrà essere mosso all’ente.
l giudice valuta l’idoneità del modello in base ai contenuti minimi previsti dagli artt. 6 e 7 del decreto. I modelli organizzativi e di gestione devono infatti rispondere alle seguenti esigenze:

Il modello, astrattamente idoneo a prevenire i reati presupposto, deve essere effettivamente ed efficacemente attuato all’interno dell’ente. L’efficace attuazione del modello richiede una costante azione di verifica per consentirne il suo adeguamento allorquando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività.

Quando i modelli di organizzazione e di gestione sono “idonei a prevenire i cd reati presupposto”?

La valutazione di idoneità e congruità dei modelli organizzativi e di gestione spetta al giudice investito del procedimento a carico dell’ente. Tale valutazione, necessaria per il riconoscimento dell’esimente della responsabilità per colpa dell’organizzazione, si realizza verificando, in relazione alla natura, alla dimensione dell’organizzazione nonché al tipo di attività svolta, che i paradigmi procedimentali per la formazione e l’attuazione delle decisioni aziendali, la gestione delle risorse finanziarie e la trasmissione delle informazioni all’Organismo di Vigilanza, siano idonee, in termini di probabilità a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. La normativa non richiede che il modello annulli completamente il rischio di verificazione del reato presupposto ma che lo definisca e lo tenga sotto controllo mediante un’azione dispiegata con continuità. Il modello dovrà in questi casi presentare quei requisiti di efficienza la praticabilità e funzionalità in grado ragionevolmente di disinnescare le fonti di rischio.

Il modello organizzativo è obbligatorio?

La disciplina in materia di responsabilità degli enti non prevede obbligatorietà del “modello 231”. È però importante chiarire che:

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